Il “dilemma social”: il film che spiega perché dovremmo porre attenzione a come utilizziamo i social. 5 consigli utili per limitarne l’utilizzo e vivere a pieno la vita reale
The Social Dilemma è un film che spiega come funzionano i social network e come stanno cambiando la nostra società. Uno degli aspetti più interessanti è che i protagonisti del film sono ex manager e sviluppatori proprio delle più famose e utilizzate piattaforme, tra cui Google, Faceboook, Instagram, Pinterest, Twitter.
Vedere questo docu-film mi ha fatto riflettere su quanto la tecnologia, ed in particolare i social, siano diventati pregnanti nella nostra società quasi fino a sostituirsi alla socialità “dal vivo”.
Cercherò di sintetizzare i passaggi che personalmente ho trovato più interessanti per condividere alcuni spinti di riflessione.
1. I social sono gratis?
La naturalezza e la frequenza con cui usiamo i social ci spinge a pensare in maniera più o meno consapevole che siano gratuiti. Tuttavia qualsiasi azienda ha bisogno di creare profitto per poter esistere, quindi, nel caso dei social: chi paga per i servizi che usiamo quotidianamente?
Secondo The Social Dilemma, “se non stai pagando per il prodotto che stai usando, il prodotto sei tu”. Per i protagonisti del film infatti Google non sarebbe solo un semplice motore di ricerca dove trovare ciò che ti serve, e Facebook una piattaforma dove incontrare vecchi amici. Ciò che non è chiaro (e dichiarato) è che queste società competono per ottenere la nostra attenzione, ovvero il loro obiettivo è tenere le persone attaccate allo schermo più a lungo possibile.
Jaron Lanier, esperto di realtà virtuale, afferma che in realtà non sarebbe solo la nostra attenzione ad essere il prodotto, ma piuttosto il graduale, impercettibile cambiamento nel comportamento di ognuno di noi causato dai continui input che riceviamo.
2. Come funzionano?
Tutto quello che facciamo su internet viene osservato, monitorato, registrato, tracciato.
Quale immagini o video osserviamo e per quanto tempo, ad esempio. Lo chiamano capitalismo della sorveglianza, ovvero l’illimitato monitoraggio delle persone da parte delle aziende tecnologiche per assicurarsi che gli inserzionisti che li finanziano abbiamo successo.
Qual è il fine? Fare previsioni sempre più accurate sui nostri gusti, consumi, su quello che faremo e su chi siamo. Possono predire che genere di video guarderemo, che emozioni solitamente ci stimolano: in base ai nostri comportamenti online i famosi algoritmi decidono cosa mostrarti affinché tu continui a cliccare. Il principale problema è che non c’è alcuna supervisione umana sull’algoritmo: il sistema non riconosce un contenuto vero o falso, etico o non, il suo obiettivo è solo quello di far aumentare il tempo medio di utilizzo e farci continuare a scrollare.
Per questo motivo, secondo i protagonisti del film, la diffusione delle fake news e di alcune bizzarre teorie comparse negli ultimi tempi (vedi il terrapiattismo) sarebbero pressoché totalmente da imputare ai social network.
3. I social utilizzano la psicologia
Alcuni meccanismi psicologici sono stati sfruttati al meglio per legarci sempre di più al mondo dei social.
Un comportamento target è, ad esempio, lo “scrollare”: tiri giù e c’è sempre qualcosa di nuovo, ogni volta, (anche infinite volte) e tutti contenuti assolutamente personalizzati su di te. Ogni volta che vedi lo smartphone sul tavolo, sai che se lo prendi in mano troverai qualcosa per te, generando una tentazione potentissima che ben presto si tramuta in abitudine.
Questo meccanismo si basa su uno dei concetti base della psicologia comportamentale ovvero quello del rinforzo positivo intermittente. Il funzionamento è simile a quello del tirare la leva delle slot machine: l’opportunità è proprio sotto al tuo dito, e, nel caso dei social, è sempre accessibile, socialmente accettato e (apparentemente) gratis.
4. Perché mettiamo la nostra vita in vetrina?
Il nostro imperativo biologico primario è quello di connetterci con gli altri e di stare in comunità. Questo fattore è alla base del successo dei social network che amplificano notevolmente la possibilità di trovare amici, raggrupparci, comunicare.
Tuttavia, l’informazione manipolata che passa attraverso i social, ci ha sempre di più spinto a costruire le nostre vite in base a un’idea di perfezione percepita, da mostrare sulle nostre bacheche social: bellezza, atleticità, ricchezza, amicizie e amori perfetti, famiglie del mulino bianco. Confondiamo questi ideali irrealistici con la verità, anche se in realtà si tratta di una popolarità finta, fragile ed a breve termine, per la quale però siamo sempre più disposti a trascurare gli affetti della vita reale.
Perché facciamo tutto ciò? Semplicemente perché ci porta ad una ricompensa immediata a breve termine: cuori, like, pollici alti. L’approvazione della nostra “tribù” è un meccanismo funzionale allo stare in comunità, ma siamo davvero fatti per curarci dell’opinione di un numero così grande di persone? O per ricevere approvazione sociale ogni 5 minuti?
Per i più giovani, secondo lo psicologo sociale Jonathan Haidt, i social costituiscono una sorta di ciuccio digitale, che nell’adolescenza influenza la costruzione dell’identità personale e l’autostima con effetti sempre più evidenti nelle nuove generazioni.
Al d là di questi dati di fatto, è innegabile che i social network abbiamo apportato anche incredibili miglioramenti alle nostre vite. Tuttavia ad oggi sono entrati nelle nostre vite a tal punto che percepire quando ne abusiamo è diventato davvero difficile, fino al verificarsi sempre più spesso di vere e proprie dipendenze.
Come fare allora per limitare l’utilizzo dei social?
ecco alcuni consigli pratici:
- Spegnere la connessione dopo le 20:00 ;
- Non utilizzare i social durante i pasti;
- Non portare mai il telefono in camera da letto o al bagno, sostituirlo con un buon libro;
- Stabilire un limite di utilizzo giornaliero;
- Limitare le “tentazioni” disattivando tutte le notifiche.